Aosta: un’occhiata alla città d’arte alpina

Città d´arte Aosta

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La Valle d’Aosta si trova all’estremità nord occidentale d’Italia, al confine con la Francia e la Svizzera. La piccola regione è conosciuta per le sue bellezze naturali e per il turismo, i numerosi parchi regionali e nazionali e le prestigiose stazioni sciistiche confinanti. Inoltre, i nomi dei comuni in Valle d’Aosta sono francesi: l’indicatore di un legame lungo oltre 900 anni con il dominio del Casato dei Savoia. Tuttavia, soltanto poche persone al di fuori dei confini regionali conoscono i nomi dei singoli borghi. Aosta, il capoluogo – il solo posto in Valle d’Aosta con un altro nome in italiano – in realtà è una vera città d’arte con una storia molto affascinante e luoghi incantevoli. È il momento di dare un’occhiata più da vicino a questo gioiello del nord Italia un po’ nascosto e ingiustamente ignorato.

Come Aosta è diventata Aosta

Il sito dell’attuale capoluogo della Valle d’Aosta ha ospitato insediamenti preistorici da 5000 a 6000 anni fa. La popolazione autoctona dei Salassi è riuscita a combattere a lungo gli invasori romani grazie alla barriera alpina naturale. Alla fine, A. Terenzio Varro Murena ha conquistato la Valle d’Aosta nel 25 a.C. Gran parte dei Salassi sono stati venduti come schiavi. Augusto ha fondato la città Augusta Praetoria al posto di un preesistente accampamento della legione romana.

Nell’antica città di Aosta, puoi ancora vedere l’originale impianto a scacchiera romano. 64 blocchi residenziali (insulae) costituivano Augusta Praetoria, circondata da imponenti mura cittadine con una porta su ciascuno dei quattro lati. Le strutture più grandi sono state costruite su “quadrati a scacchiera” predefiniti. Dopo la caduta dell’Impero Romano Franchi e i Longobardi hanno combattuto sul territorio, successivamente Carlomagno ha fatto costruire la Via Francigena passando per la città fino a Roma. Umberto I, Conte di Savoia ha acquistato la zona nel 1025; rimasta parte del dominio sabaudo fino al 1946, anche dopo il suo accorpamento nel Regno d’Italia nel 1861. Il dominio fascista ha costretto all’italianizzazione la Valle d’Aosta facendone uno dei principali luoghi della resistenza durante la 2^ Guerra Mondiale. La regione ha ottenuto uno statuto speciale autonomo per controbilanciare gli sforzi di auto-governo nonché i progetti di annessione della Francia. Ad oggi circa l’80% della popolazione parla francese. Quasi il 70% parla il tradizionale dialetto franco-provenzale.

Aosta preistorica

Ti consigliamo di aprirti il cammino tra le molte sfaccettature di Aosta in ordine cronologico, motivo per cui stiamo partendo dal periodo preistorico. Saint Martin de Corléans nella periferia occidentale è una delle più grandi aree megalitiche d’Italia. È stata scoperta nel giugno del 1969 individuando 22 differenti strati fino ad una profondità di sei metri, attentamente studiati. Scopri l’evoluzione di questo sito dalla fine dell’Età Neolitica all’Età del Rame a quella del Ferro, e infine, l’Età del Ferro su un’area totale di circa 6 ettari. Gli esperti credono che la fase più antica dell’attività umana risalga al 4200 a.C. circa. Tracce di aratura fanno pensare ad atti rituali. L’effettiva costruzione dell’area megalitica probabilmente è iniziata tra il 3000 e il 2750 a.C. Sono stati montati 22 pali di legno in fila – ritenuti totem dagli esperti – e più di 40 steli antropomorfe sono state aggiunte successivamente. Probabilmente sono monumenti per le festività in onore di dei ed eroi. Saint Martin de Corléans è anche una necropoli. Il periodo delle sepolture è durato fino all’Età del Bronzo grazie all’identificazione di diverse tipologie di tombe e riti. Alcuni reperti fanno pensare che la necropoli sia stata addirittura utilizzata fino alla conquista romana. Un enorme complesso museale composto da due edifici ti fornisce affascinanti approfondimenti del sito degli scavi. Qui potrai apprendere qualcosa in più sulle diverse fasi archeologiche dell’evoluzione di Aosta, allora come oggi.

Le strutture romane di Aosta

Città d´arte Aosta

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Come già ricordato è ancora possibile vedere la struttura romana di Aosta mentre si passeggia nel suo centro storico. Alcuni edifici e strutture del passato sono sopravvissuti, almeno in parte. Le mura della città romana di Aosta hanno certamente qualcosa di particolare. I governi medievali hanno continuato a servirsene, motivo per cui esse probabilmente sono ancora quasi del tutto intatte. Le mura racchiudono un’area rettangolare di 724 x 572 metri e perlopiù superano l’altezza di sei metri. Inoltre, la porta orientale e quella meridionale sono ancora conservate. Quella principale Porta Praetoria, costruita nel I secolo d.C., è stata successivamente rivestita di marmo, mentre per il resto conserva la sua struttura originaria. Anche l’arco di Augusto davanti alla porta e il ponte romano Pont de Pierre che originariamente attraversava un fiume, risalgono a quest’epoca.

Tuttavia, non tutti gli edifici sono altrettanto ben conservati. Mentre alcune delle torri della cinta muraria sono ancora romane nella loro struttura, altre hanno subito sostanziali modifiche. Scegliendo un esempio abbastanza rilevante, la torre di Bramafam è stata costruita sui resti di un bastione romano nell’XI secolo ed è stata l’abitazione di un visconte del Casato dei Savoia. Tra le altre evidenze del periodo romano solo il muro meridionale del monumentale teatro a quattro piani è sopravvissuto, e il foro è anch’esso in gran parte distrutto. Da non perdere un’escursione alla villa romana sulla collina che sovrasta Aosta!

Altre attrazioni di Aosta

Ma questo non è tutto ciò che Aosta, città d’arte, ha in serbo per te. Non occorre ricordare che i secoli successivi alla fine della dominazione romana hanno lasciato le loro tracce sul capoluogo della Valle d’Aosta. Pertanto, suggeriamo caldamente le seguenti attrazioni:

  • La Cattedrale: la Cattedrale di Aosta è stata originariamente costruita nel IV secolo ma è scomparsa circa 700 anni dopo per far posto ad un nuovo edificio. Ulteriori modifiche sono state apportate nel XV e XVI secolo. L’aspetto tardo -gotico, la facciata rinascimentale, il portico neoclassico degli anni successivi insieme al pavimento a mosaico e le vetrate dipinte nel XII e XIII secolo creano un miscuglio architettonico incredibilmente spettacolare.
  • Sant’Orso: anche le radici di questa antica collegiata possono essere rintracciate molto più addietro – al V secolo, per essere precisi. Una intera ricostruzione del primo romanico alla fine ha lasciato il posto all’aspetto tardo gotico nel corso del XV secolo. Mentre la cripta a cinque navate costruita su dodici colonne romane rende l’idea dell’edificio precedente, il ciclo di affreschi raffigurante scene della vita di Cristo e dei suoi apostoli è ben radicato nella tradizione dell’XI secolo.
  • Il Ponte di Grand Arvou: l’aumento della popolazione della Valle d’Aosta, insieme all’allevamento del bestiame, ha portato ad una carenza dell’approvvigionamento idrico. Al Canale Rû Prévôt realizzato tra il XIII e XIV secolo, sono seguiti numerosi acquedotti. Tra le più belle costruzioni di questa tipologia c’è il Ponte di Grand Arvou che, per inciso, è ancora operativo.
  • La Riserva naturale Tzatelet: una delle più belle riserve naturali della regione si trova leggermente fuori Aosta. Ammira diverse specie rare di uccelli e la variegata flora mediterranea, una vera rarità per le Alpi. Un’altra necropoli neolitica, forse fondata nel 3000 a.C. circa, è stata rinvenuta sulla collina Tzatelet.

 

In verità, nel Nord Italia, ci sono sicuramente città più conosciute di Aosta, assolutamente non devi perdere il capoluogo della Valle d’Aosta. L’affascinante patrimonio storico del capoluogo regionale da tempi lontanissimi all’Impero Romano fino al periodo gotico porta alla luce molti tesori che meritano di essere visti da vicino. Scopri questo gioiello alpino, meglio se combinato con un indimenticabile soggiorno escursionistico o sciistico nelle montagne circostanti.

Le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene

Le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene

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L’Italia esporta ogni anno grandi quantità di Prosecco – circa 90 milioni di bottiglie, per essere precisi. All’inizio, e fino alla fine del 2009, si riferiva ad un vitigno, ora indica un luogo di origine specifico. La zona di produzione di Conegliano e Valdobbiadene in provincia di Treviso è tra le zone più famose al mondo per il Prosecco. Esso soddisfa la più alta classificazione (DOCG) per la quale può contare su una zona che è stata modellata appositamente per la produzione delle cosiddette uve Glera nel corso dei secoli. Le colline del Prosecco tra Conegliano e Valdobbiadene sono state dichiarate Sito del Patrimonio Mondiale UNESCO nel 2019. Un paesaggio unico e diversi percorsi rilassanti ti attendono nel corso della visita.

Il Prosecco a denominazione di origine controllata e garantita

Il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene è uno spumante ottenuto prevalentemente dall’uva Glera (dall’85% al 100%). Questo spumante può essere prodotto soltanto nei seguenti 15 comuni, a Conegliano e Valdobbiadene e dintorni:

  • Conegliano
  • San Vendemiano
  • Colle Umberto
  • Vittorio Veneto
  • Tarzo
  • Cison di Valmarino
  • San Pietro di Feletto
  • Refrontolo
  • Susegana
  • Pieve di Soligo
  • Farra di Soligo
  • Follina
  • Miane
  • Vidor
  • Valdobbiadene

 

Oltre al Prosecco dei Colli Asolani, prodotto anche nella provincia di Treviso (ad Asolo, per essere precisi), il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene è il solo del suo genere ad avere la classificazione DOCG. DOCG significa “Denominazione di Origine Controllata e Garantita”, la più alta classificazione per la qualità dei vini in Italia. I viticoltori producono una sorprendente quantità di Prosecco – circa 700.000 ettolitri ogni anno con un trend in crescita – in quattro diverse tipologie: fermo, frizzante, Spumante Superiore e Superiore di Cartizze.

Un mosaico di terrazzamenti scoscesi

Le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, UNESCO

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La straordinaria area vitivinicola e la stretta interazione tra uomo e natura sono state i criteri determinanti per il Patrimonio Mondiale UNESCO. La popolazione ha affrontato le enormi sfide del difficile terreno, per usare un eufemismo, andando avanti per secoli costruendo alla fine la perfetta regione del Prosecco. Propriamente questo terreno è noto come “dorsale” – pendii ripidi e accidentati, che si estendono in direzione est-ovest intervallati da piccole valli che corrono parallelamente. I “ciglioni” sono stati utilizzati per domare questa difficile superficie. Essi sono delle particolari tipologie di terrazzamenti che impiegano il terreno erboso al posto della roccia, rinforzando le colline in modo duraturo. Le testimonianze suggeriscono che queste porzioni di terreno sono state impiegate fin dal XVI e XVII secolo e sono particolarmente adatte per zone ripide. Poiché ci sono migliaia di piccoli viticoltori tra Conegliano e Valdobbiadene, le colline del Prosecco assomigliano ad un mosaico – estremamente frammentate ma strettamente collegate tra loro.

Passeggiando sui rilassanti sentieri tra Conegliano e Valdobbiadene

Anche se forse hai apprezzato questa lezione più o meno breve sul Prosecco, magari vorresti assaggiare quello che la zona ha da offrire, non è vero? Numerosi e rilassanti sentieri collegano i due punti di attrazione attraverso ripide colline e fitte foreste, attraverso le crescenti tessere di un mosaico e vaste proprietà agricole. Esiste persino una sorta di “strada del Prosecco” tra Conegliano e Valdobbiadene. Abbiamo scelto alcune attrazioni per te:

  • Conegliano: Iniziamo con la prima scuola di vino in Italia, fondata nel 1876. Una visita guidata ti mostra i segreti della produzione del Prosecco. Successivamente visita le antiche cantine e dai un’occhiata al vicino museo del vino.
  • Refrontolo: Essendo uno dei borghi più affascinanti di questa zona, Refrontolo ospita un tipo di vendemmia molto conosciuta. Non perderti il mulino ad acqua, Molinetto della Croda, ancora operativo che attualmente funge da museo.
  • Villa Brandolini: Questo edificio a Solighetto è un condensato di competenze essendo la sede del Consorzio Tutela del Vino Prosecco Conegliano Valdobbiadene DOCG. La villa è utilizzata come sede di eventi culturali ed entusiasmanti mostre.
  • Follina: Follina è uno dei borghi più belli d’Italia. Le scelte culinarie da sole sono sorprendenti. Goditi una pausa in una trattoria che offre un abbondante pasto regionale e poi visita l’enorme Abbazia di Santa Maria.
  • Farra di Soligo: Le colline diventano più ripide e disabitate – perfette per un’escursione approfondita! Le tre Torri di Credazzo, che facevano parte di un castello distrutto dai Longobardi, e la piccola chiesa di San Martino svettano tra i vigneti.
  • Cartizze: La patria del Prosecco Conegliano-Valdobbiadene Superiore di Cartizze stupisce per le spettacolari colline a forma di cono, le cosiddette “chiocciole” e le “casére”, i caratteristici fienili della zona. Devi assolutamente visitare una delle tante cantine.
  • Valdobbiadene: Ottimi ristoranti eccellenti che preparano i migliori piatti di Treviso oltre ad innumerevoli cantine per lo spumante ti aspettano al termine del rilassante percorso. Inoltre, sulla via del ritorno, ti consigliamo di fare un breve giro a Guia, Campea e Farrò. Qui, il panorama sui vigneti è incredibilmente mozzafiato, soprattutto al tramonto.

 

Scopri una delle aree più belle ed uniche dell’Italia intera, la particolare simbiosi tra uomo e natura e, soprattutto vini particolarmente pregiati. Le colline del Prosecco tra Conegliano e Vadobbiadene sono un esempio di competenza, innovazione e inventiva dell’arte italiana della viticoltura. E non dimenticare l’incomparabile mosaico paesaggistico! Non perdere uno dei più recenti Siti Italiani del Patrimonio Mondiale UNESCO, e forse, forse, già che ci sei di visitare una delle innumerevoli cantine.

Ivrea, la città industriale del XX secolo

Ivrea, la città industriale del XX secolo, UNESCO

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Se dovessi guardare dall’alto Ivrea in Piemonte, situata al confine settentrionale della Pianura Padana tra Torino e la Valle d’Aosta, ti accorgeresti che il fiume Dora Baltea la divide praticamente in due. La città antica è collocata a nord e presenta i resti di un anfiteatro romano, l’imponente castello del Conte Amedeo VI di Savoia e la grandiosa cattedrale che ha visto numerose trasformazioni nel corso dei secoli. A sud, tuttavia, sorge una città industriale nata dopo la fondazione dell’azienda Olivetti, cresciuta costantemente e seguendo lo sviluppo di Ivrea. Il 1^ luglio 2018, l’UNESCO ha dichiarato la città industriale di Ivrea Sito del Patrimonio Mondiale. Questo insieme di 27 edifici è ampiamente considerato l’antesignano dell’architettura aziendale e ti fa conoscere un lato differente dell’Italia settentrionale.

Macchine da scrivere, calcolatrici, computer per ufficio

Osservare Ivrea, Sito del Patrimonio Mondiale non avrebbe molto significato senza prima dare un’occhiata alla storia aziendale della Olivetti. L’azienda è stata fondata da Camillo Olivetti nel 1908. Aiutato da alcuni ingegneri, sviluppò la macchina da scrivere “M1” in un piccolo laboratorio in mattoni per tre anni e la presentò per la prima volta alla fiera industriale di Torino. La macchina da scrivere di Olivetti ha avuto un successo strepitoso, l’azienda ha iniziato a crescere contando 200 dipendenti nel 1920, circa 800 nel 1933 e addirittura 6000 durante il 1940, anno della guerra. L’azienda assunse i lavoratori soprattutto dalla zona di Ivrea – che un tempo costituivano il 90% di tutto il personale – e sviluppò, già nel 1909, un sistema innovativo di welfare dall’assicurazione sanitaria all’asilo aziendale, dai sussidi per le donne alle case vacanza, dagli spettacoli culturali alla promozione dei talenti.

Camillo Olivetti, figlio di una famiglia ebrea, siglò l’azienda con il nome Adriano per evitare l’espropriazione fascista. Adriano introdusse un nuovo modello di gestione rendendo l’aspetto del design la principale caratteristica di Olivetti. Le linee di mobili per ufficio precedentemente presentati e la macchina da scrivere portatile MP1 “Ico” si erano già mossi in questa direzione, il categorico rivestimento grigio scuro è stato introdotto successivamente. Olivetti entrò nel mercato delle calcolatrici elettroniche nel 1948, produsse i primi computers elettronici a transistor nel 1959. Adriano Olivetti ha subito un duro colpo nel 1960 a causa di una disputa con i suoi sette eredi. La morte del presidente dell’azienda Giuseppe Pero ha aggiunto altra benzina sul fuoco. Non era la prima volta che l’azienda ha dovuto risolvere problemi finanziari; diversi cambi di rotta – elettronica, computer, telecomunicazioni – hanno portato un sollievo solo temporaneo.  Dopo aver rilevato Telecom Italia nel 2003 e averla resa la nuova società madre, la Olivetti è riuscita finalmente a consolidarsi e a sorprendere ancora il mondo rientrando nel mercato dei computer dieci anni fa.

Il Movimento Comunità

L’aspetto sociale è sempre stato importante per Olivetti e lo stesso è stato per una identità aziendale ben definita. Il “Movimento Comunità” ha fortemente condizionato gli edifici del Sito del Patrimonio Mondiale UNESCO. Basato sul libro di Adriano Olivetti “L’Ordine Politico delle Comunità”, è stato presentato nel 1947. Il movimento richiedeva la ristrutturazione del paese in comuni autonomi legati da una cultura collettiva condivisa.  A differenza di altri industriali, Olivetti si è reso conto della necessità di proteggere i suoi dipendenti e fornire servizi sociali. La realizzazione dei suoi edifici residenziali ha conosciuto i rapidi cambiamenti industriali – e quindi sociali – del XX secolo. In quanto tale, questo Sito del Patrimonio Mondiale UNESCO non è soltanto notevole dal punto di vista architettonico, ma è anche una testimonianza della storia del pensiero politico dietro ad esso – anche se le attività di parte degli edifici commerciali sono sostanzialmente diminuite negli ultimi anni.

Una straordinaria architettura che segna un cambiamento industriale

Ivrea, la città industriale del XX secolo

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Nonostante AEG avesse degli edifici progettati secondo la propria identità aziendale già negli anni ’10, Olivetti è stato ampiamente considerato un pioniere dell’architettura industriale. Presentati nel corso degli anni ’30 questi edifici soddisfacevano la capacità sociale e creavano un’identità espressa nella riconoscibilità del marchio e nell’identificazione dei valori che, in cambio, accrescevano la forza produttiva. L’organizzazione, unica nel suo genere, del complesso della Olivetti – concepito e costruito sotto la direzione di Adriano Olivetti e dei maggiori architetti italiani sulla base del pensiero sociale e politico di Olivetti – ha simboleggiato un cambiamento industriale. Le meccaniche sono state digitalizzate, sono stati introdotti dei meccanismi di produzione e inseriti dei cambiamenti sociali. Ogni singolo edificio, ogni parte di questo complesso è perfettamente studiato per rispecchiare l’identità aziendale ed è ancora integrato nel paesaggio urbano senza soluzione di continuità. Non dovrebbe sorprendere il fatto che gli edifici di Olivetti siano diventati dei pilastri fondamentali per lo sviluppo delle teorie industriali e per lo sviluppo urbano nel XX secolo.

27 edifici, un solo Sito del Patrimonio Mondiale

70.000 ettari di superficie in totale, 145.000 m² di area edificata, 17% dei quali utilizzati come appartamenti, il complesso Olivetti stupisce per le sue dimensioni monumentali. Il Sito del Patrimonio Mondiale include 27 edifici, la maggior parte dei quali sono utilizzati in maniera differente ancora oggi. Essi comprendono la centrale termica e la falegnameria, l’ex edificio Sertec e il centro dei servizi sociali Borgo Olivetti, l’edificio con 18 alloggi e l’unità residenziale ovest, progettata solo nel 1968. Tutti portano la firma di rinomati architetti pur essendo fortemente caratteristici dello stile di Olivetti che continua a modellare l’intera architettura industriale fino ad oggi. L’asilo nido aziendale mostra come padre e figlio potessero essere molto più avanti dei tempi. Concepito nel 1939, le stanze sono tuttora utilizzate come servizi comunali per l’infanzia.

Inutile dire che oggi ci sono edifici aziendali più sorprendenti e impressionanti con progetti pazzeschi e dimensioni gigantesche. Tuttavia, il complesso industriale di Ivrea resta speciale, unico. Scopri com’è cambiata l’Italia nel periodo dell’industrializzazione facendo un breve giro nel sud della città. Già che ci sei, visita il centro città nella parte nord con le sue costruzioni altrettanto straordinarie. Scopri oltre duemila anni di storia ricca di eventi e in rapida evoluzione e resterai incantato da Ivrea.

L’arte della pizza napoletana

pizza napoletana

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Ora che sei già esperto della grande varietà dei Siti del Patrimonio Mondiale UNESCO in Italia, conosci diverse zone e punti di riferimento naturali e culturali. In realtà, esiste anche un terzo elenco di cui non abbiamo parlato molto finora. La Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità si occupa delle espressioni culturali, delle tradizioni orali, delle usanze, delle feste e dell’artigianato. Attualmente, l’Italia è rappresentata in questa lista per ben dodici volte tra cui il tradizionale artigianato del violino di Cremona, la transumanza nel Mediterraneo e sulle Alpi, l’opera dei pupi siciliani. Ciò nonostante, abbiamo scelto un pezzo di patrimonio culturale immateriale che ognuno dovrebbe conoscere: la pizza!

Benvenuti a Napoli

Non si conosce l’origine precisa della parola “pizza”. Alcune tracce la fanno risalire al longobardo, all’arabo e all’ebraico, ma anche ai diversi dialetti italiani. Esiste “piceà” o “pizzà” in napoletano, che possono essere tradotti con “tirare” con termini equivalenti in calabrese o nella lingua latina medievale. Ovviamente, questo calza perfettamente poiché la storia della pizza è strettamente collegata a Napoli. Anche se, fin dal Neolitico, esistevano piatti piuttosto differenti, la prima testimonianza moderna è stata fornita da Vincenzo Corrado che, tra il 1715 e il 1725, ha scritto riguardo la tradizione napoletana di condire con il pomodoro la pasta e la pizza. Solitamente, la diffusione della pizza è strettamente legata alla crescente popolarità del pomodoro nell’Italia meridionale.

pizza napoletana, UNESCO

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C’è una storia emozionante sulla prima pizza “moderna” che è stata verosimilmente creata a Napoli – e dove altrimenti! – da Raffaele Esposito l’11 giugno 1889. Il Re Umberto I e sua moglie Margherita desideravano una pizza. Esposito, in maniera molto patriottica, ha utilizzato i condimenti con i colori della bandiera italiana – il verde basilico, la bianca mozzarella e i rossi pomodori. Questa versione è conosciuta da allora come Pizza Margherita, la Pizzeria Brandi di Esposito è famosa ancora oggi. Tuttavia, gli storici hanno respinto questa storia avvincente. Un articolo del Washington Post del 1880 racconta la predilezione della Regina per la pizza. Aveva numerosi fornai che le consegnavano i loro prodotti prima che ne fossero selezionati otto diversi tipi. Esposito è stato l’unico pizzaiolo che ha conservato la ricevuta del riconoscimento della corte reale.

La tradizione viva della pizza

Un’occhiata alla più stretta tradizione della cucina napoletana riconosce soltanto due diversi tipi di pizza:

  • La Pizza Margherita con pomodoro, mozzarella STG a listarelle, mozzarella a dadini, basilico e olio d’oliva
  • La Pizza marinara con pomodoro, aglio, origano e olio

 

Oltre a ciò, esistono molte altre diverse varianti che possono essere ricondotte alla tradizione napoletana (per es. Capricciosa, Quattro Stagioni, Quattro Formaggi, Calzone o Diavola), senza considerare le innumerevoli specialità regionali e le curiose invenzioni con condimenti strani e bizzarri. Tuttavia, non si tratta di pizza con salsicce, spaghetti o cotoletta, stiamo parlando rigorosamente di classici.

L’Associazione Verace Pizza Napoletana è stata fondata nel 1984 per mantenere la tradizione della pizza napoletana con la finalità di proteggere questo classico in un periodo in cui sono diffusi pizza surgelata e fast food. Gli iscritti mondiali di questa associazione possono definire il loro prodotto una “vera pizza napoletana” (Verace Pizza Napoletana), il cui metodo di produzione e gli ingredienti sono controllati regolarmente. L’UE ha introdotto nel 2005 il marchio Pizza Napoletana proteggendo la realizzazione tradizionale / il metodo di produzione tradizionale come “Specialità Tradizionale Garantita” (STG). Secondo questo, una pizza napoletana è composta dai seguenti ingredienti:

  • Farina di frumento
  • Lievito di birra
  • Acqua naturale potabile
  • Pomodori pelati e/o piccoli pomodori freschi
  • Sale marino o sale da cucina
  • Olio extra vergine di oliva

 

Ci sono alcuni ulteriori ingredienti che possono essere utilizzati anche durante la cottura della pizza, ossia:

  • Aglio
  • Origano
  • Basilico fresco
  • Mozzarella di Bufala Campana DOP o mozzarella STG

 

Viene cotta soltanto nei forni a legna che in cottura raggiungono la notevole temperatura di 485°C. Inoltre, il tempo di cottura non deve superare i 60-90 secondi. La crosta leggermente più spessa è un’altra caratteristica tipica della pizza napoletana.

Un giorno di festa per mangiare la pizza

La pizza napoletana e l’arte del pizzaiolo sono state aggiunte all’ambita lista del patrimonio culturale immateriale il 7 dicembre 2017. In tutta la città è stata servita la pizza gratis per festeggiare l’evento, e da allora il 7 dicembre è una festa napoletana accompagnata da un vasto programma di più giorni con conferenze, esibizioni culinarie e cerimonie. Non dovrebbe essere una sorpresa dato che ci sono circa 3.000 pizzaioli nella regione, senza contare i pizzaioli non professionisti.

Se ora ti stai chiedendo quale sia il giusto modo di mangiare una pizza, Enzo Coccia, uno dei miti più illustri di Napoli, ha la risposta per te: piegata in due a portafoglio. In questo modo puoi sentire il sapore dell’impasto, della mozzarella e dell’olio di oliva. La salsa di pomodoro non deve sgocciolare e puoi gustare tutti gli ingredienti in un solo boccone. Evviva!

La Ferrovia Retica nei paesaggi dell’Albula e del Bernina

La Ferrovia Retica nei paesaggi dell’Albula e del Bernina, UNESCO

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La ferrovia dell’Albula e la ferrovia del Bernina parte della ferrovia Retica sono state le terze linee al mondo ad essere dichiarate Sito del Patrimonio Mondiale nel 2008. Le due tratte sono in funzione tra Thusis nel cantone svizzero dei Grigioni e St. Moritz, dove puoi cambiare dall’Albula alla ferrovia del Bernina, fino a Tirano in Italia, nella Lombardia. Fin dall’inizio, il nuovo sistema ferroviario ha aperto le porte ad un enorme turismo regionale (invernale). Ora propone un servizio regolare e delle corse panoramiche molto spettacolari. Vivi le Alpi da una prospettiva completamente nuova!

Superare i 2.000 metri di altitudine in treno

All’inizio del XX secolo le zone montane e quelle che alla fine si sono trasformate in aree per gli sport invernali tra la Svizzera e l’Italia erano quasi del tutto isolate dal resto del mondo. Grandi gole, enormi pendii e giganti rocciosi quasi insormontabili hanno posto delle enormi sfide per gli architetti della ferrovia Retica. La ferrovia dell’Albula nel 1904 e la ferrovia del Bernina nel 1910 non solo hanno portato a termine la realizzazione di due percorsi alpini, ma anche lo sviluppo di eccellenti soluzioni di trasporto. Le innumerevoli costruzioni – 196 ponti e 55 gallerie che coprono 122 chilometri – sono state l’espressione di una grande ingegnosità innovativa.

La Ferrovia Retica nei paesaggi dell’Albula e del Bernina

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Il modo in cui questi capolavori architettonici sono stati inseriti nel paesaggio alpino continua a meravigliare ancora oggi.  Una conoscenza approfondita della zona, unita ad un audace spirito pioneristico ha dato vita ad un’armonia mozzafiato – e tutto ciò ad un’altitudine fino ai 2.253 m sul Passo del Bernina, il più alto valico ferroviario alpino in Europa. Le due ferrovie collegano la Svizzera e l’Italia tramite un tragitto di quattro ore, senza l’ausilio di alcuna tecnologia a cremagliera: una ferrovia veramente innovativa a scartamento ridotto che rimane estremamente affascinante ancora oggi.

La ferrovia dell’Albula

La prima parte di questa ferrovia del Patrimonio Mondiale è interamente in Svizzera. Con i suoi 61,67 km, la ferrovia dell’Albula collega Thusis nel distretto di Hinterrein a St. Moritz nell’Engadina. I 144 ponti hanno campate fino a due metri di ampiezza, le 42 gallerie e tunnel garantiscono esperienze spettacolari. È difficile credere che la costruzione di questa linea è iniziata nel lontano 1898. Dopo pochi chilometri, attraverserai il Viadotto Solis a 89 metri, il più alto ponte di tutta la ferrovia Retica. Un’altra meraviglia, se vuoi, è il tratto tra Bergün e Preda. In realtà la distanza in linea d’aria è di 6,5 km coperti a 417 metri d’altitudine. Tuttavia, nemmeno la ferrovia più potente avrebbe potuto padroneggiare questa impresa, motivo per cui sono state realizzate diverse costruzioni di ingegneria civile per estendere questa sezione a dodici chilometri con la ferrovia che le attraversava più volte per raggiungere l’altezza necessaria. Non perderti nemmeno la galleria dell’Albula – lunga 5.865 metri e per lo più scavata in uno spesso granito.

La ferrovia dell’Albula doveva essere molto, molto più lunga. I progetti originari prevedevano un allungamento a Chiavenna in Italia, attraverso il Passo Maiola, con un successivo collegamento diretto a Milano attraverso il Lago di Como. Dichiarazioni di intenti poco chiare da parte italiana, la I Guerra Mondiale e la successiva recessione hanno impedito tale estensione. Ora una linea AutoPostale è in funzione su questo tratto.

La ferrovia del Bernina

Arrivati a St. Moritz, si cambia per la ferrovia del Bernina. Ciò significa dirigersi verso un differente binario con diverse rotaie a causa di un altro sistema di alimentazione ferroviaria prima di spostarsi verso est. La costruzione della ferrovia del Bernina è iniziata solo dopo il completamento della ferrovia dell’Albula. L’intero percorso è stato aperto nel 1910, il funzionamento invernale è stato introdotto nel 1913/14. Durante i primi anni i costi della barriera valanghe sono stati enormi, la ferrovia è stata sull’orlo del fallimento diverse volte. Soltanto quando la ferrovia Retica è subentrata nel 1943 sono state realizzate nuove costruzioni e ammodernamenti per salvare la ferrovia del Bernina.

La prima fermata a Celerina Staz è in realtà il punto più basso sul lato nord del percorso ad un’altitudine di “soli” 1.716 m. Nei successivi 20 km c’è una crescita quasi costante raggiungendo il punto più alto vicino a Ospizio Bernina (2.253 m). Arrivare qui comporta una serie di curve e diversi cambi di direzione. Numerosi tunnel e gallerie salvaguardano questa parte della ferrovia, che è fortemente colpita da cumuli di neve, fino a Poschiavo, e poi si avvia verso una pressoché costante discesa verso l’Italia. Il tornante che svolta dietro Alp Grüm con la sua ripida pendenza e la stretta curva a 180° è particolarmente spettacolare. Potrai anche “godere” il traffico limitato sul lato sinistro dei binari incisi simili a quelli del tram durante gli stretti collegamenti attraverso i borghi di Sant’Antonio e Le Prese. Il viadotto elicoidale di Brusio raggiunge una certa altitudine per l’ultima volta prima di raggiungere la stazione capolinea di Tirano ad un’altezza di 429 metri. Il treno per Milano, che ti porta nella capitale della Lombardia in circa 2,5 ore, già ti aspetta nella stazione adiacente.

Le attrazioni lungo le linee ferroviarie

La ferrovia dell’Albula e del Bernina sono perfette se te la vuoi prendere lentamente e con calma. Per la sua altitudine eccezionale e a causa del percorso limitato sulla ferrovia a scartamento ridotto, dovresti aspettarti un tempo di percorrenza di circa quattro ore. Consigliamo in particolare questa esperienza durante l’estate poiché con le carrozze panoramiche sembra di poter semplicemente afferrare il cielo. Inoltre, ci sono numerose aree sciistiche, luoghi per escursioni e mete per gite di un giorno che ti aspettano lungo il percorso e nelle sue immediate vicinanze, tra cui:

  • Bormio: ci sono molte aree per gli sport invernali lungo il confine tra la Svizzera e l’Italia, come ad esempio Madeismo, Aprica, Livigno e Santa Caterina Valfurva. Bormio è sicuramente una delle aree sciistiche più conosciute delle Alpi, non solo per la leggendaria Coppa del Mondo di gare sciistiche sulla Pista dello Stelvio. Ti aspettano 50 km di piste perfettamente preparate.
  • Poschiavo: il pittoresco paesaggio urbano del comune dei Grigioni è costituito da case realizzate in pietra dal XVI al XIX secolo. Non perdere San Vittore, una chiesa collegiata tardo gotica, la chiesa riformata della Santa Trinità e l’Oratorio di Sant’Anna con il suo ossario – uno scenografico insieme formato da una meravigliosa architettura e un sorprendente panorama montano.
  • Sonico: certamente conosci il nostro articolo del Patrimonio Mondiale sulle incisioni rupestri in Valcamonica in questa particolare area in cui i graffiti preistorici sulla pietra coprono una lunghezza di 25 km. Uno dei punti di accesso alla valle è Sonico, a meno di un’ora da Tirano, la stazione capolinea della ferrovia del Bernina.
  • Google Street View: ad essere onesti, Google Street View, non è quello che si potrebbe definire un luogo d’interesse, ma può essere considerato un’esperienza particolare. A marzo 2012 il percorso del Patrimonio Mondiale UNESCO Albula – Bernina è stata la prima linea ferroviaria al mondo ad essere resa accessibile con foto panoramiche a 360°. Puoi trovare questa attrazione su rhb.ch.

 

Un giro con la ferrovia dell’Albula e con la ferrovia del Bernina ti consente di rilassarti in modo spettacolare. Ammira i grandiosi risultati architettonici, osserva all’interno degli enormi pendii, i maestosi giganti di roccia e la natura selvaggia in mezzo a tanti borghi piccoli e attraenti. Aggiungi all’insieme le diverse mete per le gite giornaliere per tutta la zona e non lasciarti sfuggire questa allegra escursione!

Il Sito del Patrimonio Mondiale UNESCO della Val d’Orcia

Una nuova era iniziò nell’area della Val d’Orcia quando la città di Siena sconfisse l’antica casata degli Aldobrandeschi. Siena non solo ampliò la sua capitale – enormemente e rapidamente – ma ripose una grande importanza sulla caratteristica natura dell’entroterra agricolo. La Val d’Orcia fu modificata e potenziata estesamente durante il suo periodo di occupazione tra il XIV e il XV secolo per trovare la perfetta combinazione tra l’armonia del paesaggio e un’amministrazione ritenuta ideale. La Val d’Orcia ha ispirato diversi artisti rinascimentali nella creazione di meravigliosi dipinti di paesaggi e fino ad oggi è rimasta una famosa meta di viaggio. Anche l’UNESCO ha riconosciuto l’unicità di questa zona e, nel 2004, l’ha dichiarata Sito del Patrimonio Mondiale.

La storia della Val d’Orcia

Val d’Orcia, UNESCO

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Facendo parte della Via Cassia, la via che collega Roma alla Toscana, la Val d’Orcia è stata attraversata fin dal periodo romano, prima di diventare più significativa come tappa della Via Francigena e divenire una sosta obbligatoria nei pellegrinaggi dalla Francia a Roma. Tuttavia, come già accennato, la grande rimodulazione è iniziata soltanto quando è subentrata la città di Siena. Corsignano si è ingrandita fino a diventare Pienza nel XIV e XV secolo, quando è stata costruita la grandiosa concattedrale di Santa Maria Assunta. Inoltre, sono stati avviati successivi ampliamenti degli altri principali borghi della vallata: Castiglione d’Orcia, Montalcino, Radicofani e San Quirico d’Orcia.

Non si può sufficientemente classificare l’importanza che la città ha avuto per le arti figurative. Inutile dire che a beneficiare maggiormente di mecenati e sostenitori è stata la scuola senese di pittura. Durante il Rinascimento e il successivo accorpamento nel Granducato di Toscana, la Val d’Orcia è diventata una meta famosa per i pittori di tutto il paese. La regione si è aperta ancora di più durante il governo dei Medici, soprattutto per il miglioramento della Via Cassia e della Via Francigena. Diversi artisti hanno fissato sulle loro tele l’affascinante composizione delle dolci colline e delle grandi distese agricole. L’armonia tra uomo e natura è diventato un famoso leitmotiv.

Un viaggio a Pienza

Forse avrai letto nel nostro blog del centro storico di Pienza, che è stato nominato Sito del Patrimonio Mondiale UNESCO nel 1996. In quanto tale, per essere brevi e concisi, ci sono alcune attrazioni in questa piccola e affascinante città pianificata che non puoi assolutamente perdere:

  • Santa Maria Assunta: su questo non ci sono dubbi – la Cattedrale di Pienza è il capolavoro architettonico della Val d’Orcia in cui l’arte rinascimentale e il gotico transalpino incontrano il tipico ordine tuscanico. Il progettista Bernardo Rossellino aveva una conoscenza piuttosto scarsa delle rigide regole architettoniche del periodo gotico creando l’effetto accattivante di un insieme stilistico che va dalla facciata all’interno.
  • Il Palazzo Pubblico: inizialmente costruito solo per motivi di rappresentanza – Pienza aveva bisogno di un palazzo pubblico per mantenere il suo status cittadino – questo piccolo palazzo costituisce una specie di ponte tra la parte religiosa e quella laica della Piazza Comunale.
  • Palazzo Piccolomini: Breathtakingly beautiful Renaissance ideals line the courtyard. A walk through the atrium with its garden and the arcade simply never ceases to amaze.
  • Palazzo Piccolomini: splendidi ideali rinascimentali fiancheggiano il cortile in modo spettacolare. Una passeggiata attraverso l’atrio, il giardino e l’arcata non smettono mai di stupire.
  • Il Palazzo Vescovile: Papa Pio II aveva inizialmente previsto di ospitare qui i vescovi in visita. Ora, il palazzo ospita diversi musei. Tra gli oggetti esposti ci sono manufatti religiosi, dipinti dal XII al XV secolo e prodotti tessili della zona.

 

Altri borghi della Val d’Orcia

Probabilmente hai già confidenza con Pienza, ma per quanto riguarda gli altri borghi della Val d’Orcia? Non ci resta che condividere con voi la loro bellezza:

  • Castiglione d’Orcia: questo piccolo e tranquillo borgo è situato su una collina ed è visibile da lontano. Inizialmente era una tappa importante sulla Via Francigena, puoi ancora godere della sua bellezza medievale, dei suoi vicoli stretti e delle piccole piazze. Parcheggia al Parco della Rimembranza proprio fuori dal centro del borgo e goditi lo splendido panorama dalla cappella in cima alla collina del parco. La Pieve dei Santi Stefano e Degna ospitava le grandi opere di Lorenzetti e Vecchietta, che sono ora esposte alla Pinacoteca di Siena.
  • Montalcino: Montalcino era circondato da una possente cinta muraria con sei porte risalente al XII e XIV secolo, alcune parti di essa sono ancora esistenti. Aggiungi all’insieme l’enorme castello e avrai un’idea delle dimensioni monumentali delle fortificazioni originali. Le cose sono ancora più piacevoli in questo periodo con il delizioso miele prodotto nei dintorni. Non vedrai l’ora di visitare il Duomo di Montalcino e le altre nove chiese sparse nel borgo.
  • Radicofani: originariamente luogo molto significativo in quanto sosta per i pellegrinaggi e fortificazione di Siena, la fortezza di Radicofani è stata completamente distrutta nell’aprile del 1555. Da allora, i resti sono diventati un magnifico museo con una splendida vista panoramica a 360° sulle colline e sulle montagne circostanti – ed è qualcosa che devi assolutamente vedere! Inoltre, consigliamo fortemente una visita a Pieve San Pietro arricchita da numerose opere artistiche dal XV al XVI secolo.
  • San Quirico d’Orcia: questo borgo con i suoi grandi campi coltivati, dove crescono asparagi selvatici, e innumerevoli chiese e cappelle si trova nel cuore della Val d’Orcia. La chiesa Collegiata del XII secolo si erge maestosa tra una moltitudine di edifici medievali. Decorazioni altomedievali, creature composite, piuttosto insolite per l’arte italiana, colonne con nodi sulle facciate e sui portali evidenziano diverse fasi costruttive. All’interno ti meraviglierai della ricchezza di dipinti ed affreschi, così come la splendida “Madonna col Bambino in trono e quattro santi” del pittore rinascimentale Sano di Pietro.

 

Vacanze sportive e piacevoli

Val d’Orcia

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Stai cercando una maggiore scelta? Vorresti vivere qualcosa di diverso nei tuoi spostamenti nei panoramici borghi della Val d’Orcia? Questa regione è un sogno che diventa realtà per escursionisti e motociclisti con le sue estese pianure e le diverse salite, alcune delle quali sono piuttosto impegnative. Suggeriamo vivamente di evitare escursioni lunghe in particolari giornate calde e soleggiate poiché la valle concede davvero poca ombra. Non dimenticare di fermarti a Bagni San Filippo e Bagno Vignoni in primavera ed autunno. Le calde sorgenti termali daranno sollievo ai muscoli indolenziti e permetteranno di rimetterti in moto. La Val d’Orcia è anche una zona importante per il pecorino. Puoi comprare il famoso formaggio a pasta dura a diversi stadi di maturazione. Dovresti anche assaggiare un piatto di Pici (spaghetti spessi e saporiti, arrotolati a mano) o una generosa porzione di Ravioli con Ricotta (pasta ripiena, con carne e/o formaggio facoltativamente cotti al forno).

La Val d’Orcia è chiaramente una meta imperdibile durante la tua prossima vacanza in Toscana. Certamente resterai incantato da questa regione unica, con la sua bellezza paesaggistica, accattivanti offerte sportive e molti borghi incantevoli. Ti suggeriamo di riservare due o tre giorni alla Val d’Orcia la prossima volta che andrai a Firenze o a Siena. Ne varrà sicuramente la pena!

Le città tardo barocche della Val di Noto

Le città tardo barocche della Val di Noto

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Un terribile terremoto ha colpito la Val di Noto nella Sicilia sud orientale la sera dell’11 gennaio 1693. Il risultato è stato davvero devastante – circa 60.000 vittime, 70 città e villaggi distrutti su un’area di 5.600 km² e forti maremoti che hanno causato caos in diversi luoghi lungo le coste del mar Jonio e nello Stretto di Messina. Nonostante questa catastrofe di proporzioni disumane, i siciliani non si sono demoralizzati e hanno lavorato costantemente per riempire di vita nuovamente tutte le città e i villaggi. La regione ha acquisto un aspetto tardo barocco, realmente uniforme. L’omogeneità geografica e architettonica di una regione sottoposta ad una costante attività sismica e all’Etna ha portato l’UNESCO, nel 2002, a dichiarare otto città Sito del Patrimonio Mondiale. “Le città tardo barocche della Val di Noto”: perfette per la tua prossima vacanza nell’Italia del sud!

Catania

Il terremoto ha distrutto quasi completamente Catania. Sono morti quasi i due terzi della popolazione. Tuttavia, la città è risorta nell’ormai caratteristico stile del tardo barocco, come se nulla fosse accaduto. Molti edifici sono in parte realizzati con pietre laviche nere, che danno a Catania il suo aspetto distintivo. Non perdere i seguenti capolavori architettonici:

  • Palazzo degli Elefanti: il terremoto insieme ad una precedente eruzione dell’Etna distrusse per intero l’antico Palazzo Municipale. La monumentalità romana – l’imponente portale d’ingresso sormontato unicamente dallo straordinario balcone – ha trasformato il Palazzo degli Elefanti in uno dei più importanti edifici della nuova città. La statuetta di un elefante risalente al periodo romano scoperta casualmente tra i detriti è stata dotata di una sella realizzata in roccia vulcanica e collocata in cima alla fontana dell’elefante davanti all’odierno municipio.
  • San Nicola: l’abbazia benedettina è stata costruita in luoghi differenti nel corso dei secoli, una volta addirittura su una collina nei pressi dell’Etna. Anche se la ricostruzione dell’edificio monumentale è rimasta incompleta, la ricchezza di statuette e la caratteristica roccia vulcanica conferiscono all’edificio universitario un aspetto più che incantevole.
  • La Cattedrale: costruita inizialmente nell’XI secolo come chiesa fortificata normanna dedicata alla santa patrona della città, fu Giovanni Battista Vaccarini a realizzare interamente una nuova facciata barocca per la Cattedrale di Sant’Agata. L’aspetto normanno della parte orientale perlopiù distrutta è stato mantenuto ed inglobato nel nuovo edificio. Gran parte delle decorazioni barocche sono state rimosse per riportare la chiesa al suo aspetto originario.
  • Palazzo Biscari: probabilmente il palazzo più importante di Catania è attualmente privato e, sfortunatamente, non aperto ai turisti. La facciata è incredibilmente ricca di dettagli e presenta sorprendenti decorazioni, mentre all’interno prevale lo stile rococò.

 

Caltagirone

Anche Caltagirone è stato pesantemente colpita dal terremoto e infine ricostruita nello stesso luogo nei dieci anni seguenti. Numerosi ampliamenti e trasformazioni nel corso dei decenni e dei secoli successivi hanno aggiunto elementi più moderni al dominante stile tardo barocco. Andando dallo scalone di Santa Maria del Monte degli inizi del XVII secolo, un residuo dei giorni precedenti la catastrofe, alla neo-gotica Villa Patti costruita nel 1900 circa, scoprirai nuovi elementi e influenze ad ogni angolo di Caltagirone. Se ami davvero l’architettura tardo barocca, dovresti visitare le meravigliose chiese di Santa Maria del Monte e di San Giacomo Apostolo oltre allo splendido museo cittadino.

Militello in Val di Catania

Fondata nel periodo bizantino, Militello ti accoglie con un insieme di architettura tardo barocca e resti abbastanza ben conservati delle epoche precedenti. Resterai sorpreso dalla varietà architettonica inserita nelle dolci colline e nell’ampia valle del fiume Lembasi. Devi assolutamente visitare la chiesa madre di San Nicolò e del Santissimo Salvatore soltanto per la sua monumentale facciata, nonostante, la cupola sia un pezzo del XX secolo. Inoltre, consigliamo Santa Maria della Catena e Santa Maria della Stella, entrambe riccamente decorate con stucchi e intarsi.

Modica

Si potrebbe dire che oggi Modica è spaccata. Fortunatamente, il terremoto qui non è stato molto devastante. Una parte dell’antico centro cittadino sulle colline meridionali dei Monti Iblei – probabilmente fondato prima del VII secolo a.C. – è sopravvissuto, mentre un secondo centro storico è stato costruito lungo la vallata. La chiesa di San Giorgio, fondata nel medioevo e accuratamente ricostruita dopo il terremoto, è probabilmente il più bell’edificio di questa piccola perla siciliana. Ci sono molte cose impressionanti da scoprire dall’imponente facciata alla grandiosa cupola. Non perdere neanche la Cattedrale di San Pietro nel nuovo centro storico. La meravigliosa scalinata con le statue dei dodici apostoli e il caratteristico campanile siciliano sono delle autentiche attrazioni.

Noto

Le città tardo barocche della Val di Noto, UNESCO

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Noto è stata completamente distrutta dal terremoto. Per la ricostruzione, sono state scelte una nuova posizione – sulla riva sinistra del fiume Asinaro – e una griglia stradale rettangolare basata sui progetti di Giovanni Battista Landolina. Il costruttore della città Rosario Gagliardi e l’architetto Vincenzo Sinatra sono stati i responsabili per il nuovo aspetto tardo barocco, che è oltremodo impressionante poiché il particolare sistema a griglia garantiva uno spazio maggiore per ogni singolo edificio. San Nicolò, la grande cattedrale con il doppio campanile in facciata e la cupola monumentale, è assolutamente da visitare. Dai un’occhiata da vicino ai numerosi palazzi con le loro meravigliose decorazioni. Scoprirai nuovi, meravigliosi particolari dovunque andrai, così come i balconi di Palazzo Villadorata o il sorprendente Palazzo Ducezio, sede del municipio.

Palazzolo Acreide

Gli abitanti di Siracusa hanno fondato un nuovo insediamento nel 664 a.C., Akrai. Successivamente ha perso importanza ed è stato distrutto, per essere costruito poi attorno ad un castello normanno, riacquistando così un nuovo splendore, diventando Palazzolo nel XII secolo. Affrontando in maniera apparentemente semplice la distruzione sismica, Palazzolo Acreide è ora considerato come uno dei più luoghi più belli in tutta Italia. Diverse splendide chiese ti aspettano tra il centro medievale e il secondo centro città, più nuovo. La Cattedrale di San Sebastiano con il suo scalone gigante e la spettacolare facciata della Basilica di San Paolo sono da non perdere. Lo scavo archeologico dell’antica città di Akrai si trova al di fuori di Palazzolo Acreide. Verosimilmente, lo scavo, non fa parte del Sito del Patrimonio Mondiale tardo barocco, ma vale comunque un viaggio.

Ragusa

Radici paleocristiane, eredità bizantina, tracce dei Normanni, degli Hohenstaufen e della casata degli Aragonesi: tutto questo è stato distrutto dal devastante terremoto. La popolazione di Ragusa non si è arresa e ha ricostruito la città su un altopiano leggermente più elevato ad ovest della collocazione originaria. Il centro città è ora diviso in due da una profonda gola attraversata da quattro ponti. Mentre Ragusa superiore ha uno stile geometrico e semplice – essa ospita principalmente edifici residenziali e amministrativi a parte la Cattedrale di Ragusa – Ragusa Ibla presenta molti splendidi edifici tardo barocchi. Un totale di nove chiese e sette palazzi accompagnerà il tuo tour.

Scicli

Nonostante avesse avuto un ruolo chiave durante il dominio dei Normanni, rimangono solo pochissimi resti dello splendore di Scicli. Anche l’antica chiesa madre di San Matteo elevata sopra la città è stata abbandonata e ora lentamente è in decadenza nonostante resti un notevole riferimento. Sorprendenti chiese, musei e palazzi ti aspettano cingendo una strada protetta barocca, Via Francesco Mormino Penna, insieme al Palazzo Beneventano che è assolutamente da non perdere. Le sue vaste decorazioni con un occhio attento al dettaglio attirano turisti da tutto il mondo.

Consigliamo fortemente di passare almeno un’intera settimana nell’area della Val di Noto per immergerti pienamente nel fascino tardo barocco. Ognuna delle otto città è di per sé un piccolo capolavoro, e diventano ancora più straordinarie quando sono vissute nella loro completezza. Presto riconoscerai alcune somiglianze stilistiche e progettuali che ti permetteranno di capire – e comprendere appieno – perché l’UNESCO abbia ritenuto quest’area una rappresentazione della “fioritura dell’arte barocca in Europa” e perciò merita davvero di essere protetta. È ora di prenotare la tua prossima vacanza in Sicilia!

I luoghi del potere dei Longobardi in Italia

Definire la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, un tempo di grandi cambiamenti e sconvolgimenti, potrebbe essere solo un piccolissimo eufemismo. Diversi popoli tentarono la fortuna nei decenni e nei secoli successivi, l’antica fase migratoria era pienamente in atto. I Longobardi arrivarono in Italia nel 568 d.C. ed avrebbero governato parte del paese per i successivi 200 anni. Nel corso di questi due secoli la tribù germanica dell’Elba ha costruito affascinanti luoghi di potere, sette dei quali tutti insieme sono stati dichiarati Sito del Patrimonio Mondiale UNESCO nel 2011.  E sono anche diffusi in cinque regioni!  È ora di fare un tour dal nord al sud!

In che modo i Longobardi hanno influenzato il medioevo

I luoghi del potere dei Longobardi in Italia, UNESCO

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Secondo l’UNESCO, l’architettura longobarda ha giocato un ruolo importante ai confini tra il mondo antico e il Medioevo. La sintesi di vari stili architettonici, combinata con lo sviluppo di una propria cultura, ha unito l’antica Roma con la spiritualità cristiana, l’arte bizantina con il nord Europa. Tuttavia, l’origine del termine “Longobardi” si è perso nella storia.

Come Re d’Italia hanno governato gran parte del paese. Soltanto Roma, la Sardegna, la Sicilia e alcune aree più piccole del sud e del nord-est sono rimaste sotto il controllo dei Bizantini. Mentre i Longobardi probabilmente non hanno mai conquistato l’antico centro del potere dell’Impero d’Occidente, hanno invece lasciato le loro tracce nel resto d’Italia. Alla fine, nel 774 Carlomagno riuscì a spodestare l’ultimo Re Longobardo, le loro ultime tracce scomparvero dal titolo monarchico circa 100 anni più tardi.

Gastaldaga e il complesso vescovile a Cividale del Friuli

Ora è il momento di concentrarsi sui sette luoghi del potere dell’omonimo Sito del Patrimonio Mondiale UNESCO. La nostra prima tappa è in Friuli-Venezia Giulia, più precisamente: Cividale del Friuli. Scoprirai la chiesa di Santa Maria nell’area della Gastaldaga a Valle, nell’antico rione longobardo. Quando era ancora conosciuto come Tempietto Longobardo, era largamente considerato la più originale architettura del periodo tardo longobardo a causa delle sue caratteristiche complesse. Ammira le decorazioni medievali in stucco e gli affreschi con influssi bizantini nel presbiterio. L’antico complesso vescovile, originariamente era formato da una basilica, un battistero e il Palazzo del Patriarca, anch’esso parte dell’area religiosa. Scopri gli affascinanti tesori scolpiti longobardi, come il fonte battesimale del Patriarca Callisto e l’altare del Duca Rachis, nel Museo Cristiano e nel tesoro della Cattedrale.

Il complesso monastico di San Salvatore

Vuoi andare verso ovest…in Lombardia? Tre anni prima di salire al trono, nel 753 Desiderio fece costruire un convento a Brescia, successivamente presieduto da sua figlia Anselperga. Il complesso monastico di San Salvatore è stato oggetto di diverse modifiche nel corso dei secoli. Tra le parti più impressionanti del complesso c’è l’omonima chiesa, uno splendido esempio di architettura sacra alto medievale con estese parti in stucco. Ti consigliamo una visita alla grande area archeologica intorno al monastero. Qui ti imbatterai nei resti di tanti antichi edifici rituali che sono stati ricostruiti o sono stati inglobati in diverse strutture, in siti produttivi o in luoghi di sepoltura nei secoli successivi. Il Capitolium risalente al primo secolo d.C. e il teatro romano sono particolarmente impressionanti.

Il castrum di Castelseprio e la torre di Torba

Restiamo in Lombardia per ora, ci piace stare qui. Il parco archeologico di Castelseprio si estende attorno ad un’antica fortificazione romana che i Longobardi trasformarono ed ampliarono per costruire il Castrum. Sfortunatamente, alla fine del XIII secolo è stata completamente distrutta e resta un solo anello murario, ma sono sopravvissute diverse strutture, la basilica e il battistero di San Giovanni Evangelista. Un altro pezzo forte dell’architettura militare longobarda è la Torre di Torba, che ospitava un convento benedettino. Non saltare la visita alla chiesa di Santa Maria foris portas fuori dalle mura cittadine per vedere importantissimi affreschi con una chiara impronta bizantina.

La Basilica di San Salvatore a Spoleto

È ora di cambiare panorama. Spoleto si trova ai piedi degli Appennini nel sud dell’Umbria. La Basilica di San Salvatore risale probabilmente all’inizio del Cristianesimo e, secondo la tradizione, è stata costruita vicino alle tombe di due martiri cristiani. Nel VII secolo, i Longobardi hanno portato avanti ampi restauri ed hanno aggiunto diversi particolari che sono stati accresciuti durante le successive trasformazioni nel periodo romanico. Poiché è stato mantenuto il classico utilizzo romano delle forme, vedrai sulla facciata riccamente decorata sia i frammenti originali architettonici antichi sia meravigliose copie. Sfortunatamente, quasi tutte le intere decorazioni in stucco e i dipinti sono andati perduti.

Il Tempietto sul Clitunno

Il piccolo borgo di Campello sul Clitunno situato sull’omonimo fiume si trova vicino Spoleto, la cui piccola chiesa è stata costruita nel periodo altomedievale nel luogo dove, secondo la tradizione romana, risiedeva il dio romano del fiume Giove Clitunno. Architettonicamente ispirato ai templi corinzi dell’antica Grecia, questo piccolo santuario ti stupirà con le sue monumentali colonne e l’enorme architrave con la sua perfetta iscrizione in lettere romane. Pur con tutti gli elementi romani riutilizzati e le decorazioni appositamente realizzate, gli affreschi del VII secolo sono uno spettacolo assolutamente da vedere.

Il complesso di Santa Sofia a Benevento

Il nostro viaggio ci porta ancora più a sud, verso la Campania. Arechi II, il Duca longobardo di Benevento, fece costruire Santa Sofia come sua personale cappella intorno al 760 affinché la sua anima trovasse la redenzione nell’aldilà. Non sappiamo se questo per lui si sia avverato. A parte la facciata barocca, che è stata costruita durante i lavori di rifacimento in seguito a due devastanti terremoti, la chiesa è stata perlopiù riportata al suo aspetto originario. In questo modo, puoi goderti un magnifico edificio longobardo con l’introduzione di diversi elementi romanici. I frammenti di affreschi risalenti alla fine dell’VIII e all’inizio del IX secolo mostrano la particolare scuola pittorica di Benevento con chiare impronte longobarde.

La chiesa di pellegrinaggio di San Michele a Monte Sant’Angelo

I luoghi del potere dei Longobardi in Italia

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La nostra ultima tappa è nella zona a sud-est della Puglia. Lo splendido Monte Sant’Angelo potrebbe essere stato fondato “già” nell’XI secolo, ma la storia dell’insediamento è molto più antica. Tuttavia, i resti del tempio ellenistico del II secolo a.C. sono stati scoperti soltanto lo scorso anno. Si narra che l’arcangelo Michele è apparso ad un vescovo sulle colline del Gargano intorno al 490 d.C. e un’altra volta durante una battaglia mezzo secolo più tardi che portò il culto di San Michele nella regione. I Longobardi probabilmente lo ritenevano consustanziale al pagano Wodan. Dopo aver conquistato il Gargano onorarono anche il santuario. Oggi, dotato di una chiesa di pellegrinaggio riscostruita, San Michele a Monte Sant’Angelo attira pellegrini da tutto il paese.

Visitare tutti i luoghi del potere longobardo in Italia potrebbe corrispondere ad un viaggio di più settimane di andata e ritorno attraverso il paese – e perché no? L’Italia vale sempre un viaggio e queste magnifiche chiese, santuari e monasteri sono semplicemente mozzafiato. Ripercorri le tracce dei Longobardi e scopri i luoghi di questo sorprendente Sito del Patrimonio Mondiale UNESCO durante la tua prossima vacanza!

Il centro storico di Pienza

In che modo una città diventa una città ideale? Le opinioni a riguardo sono ampiamente divergenti e sono cambiate nel corso dei secoli. Il Rinascimento e l’Umanesimo hanno sicuramente lasciato un segno decisivo in questo dibattito, ed è qualcosa che puoi vedere e sperimentare quando visiti Pienza. Questa meraviglia architettonica e razionale con la Piazza Comunale che funge da centro nevralgico è davvero straordinaria, in particolare per una piccola città. Nel 1996, il centro storico di Pienza è stato perfino dichiarato Sito del Patrimonio Mondiale UNESCO e dovrebbe essere un luogo da non perdere durante il tuo prossimo viaggio in Toscana.

È ora di costruire una città ideale

Il centro storico di Pienza, UNESCO

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Per tantissimo tempo Pienza in Val d’Orcia, un Sito indipendente del Patrimonio Mondiale UNESCO, è passato inosservato. Il paese era originariamente conosciuto come Corsignano. La sua prima testimonianza storica risale al IX secolo, ma le cose si fanno interessanti dopo che una parte della città diventò un feudo della famiglia Piccolomini. Enea Silvio Piccolomini nacque qui nel 1405. Questo nome potrebbe non dire nulla, ma poi diventò qualche anno più tardi Papa Pio II.  Ricostruì Corsignano come una città ideale a partire dal 1459 e poi la chiamò perfino con il suo nome: Pienza.

Questo intenzionale isolamento da Roma creò una moda che fu presto adottata da altre città italiane prima di prendere d’assalto l’Europa. Con una svolta leggermente ironica, il progetto urbanistico completo di Pienza non è stato mai messo in atto. L’architetto fiorentino Bernardo Rossellino, un allievo di Leon Battista Alberti, completò gli edifici principali in tre anni, ma la morte del papa nel 1464 bloccò ulteriori ampliamenti e sviluppi. Ancora oggi, il centro storico di Pienza è un’autentica gemma anche senza il suo possibile coronamento finale.

Tutte le strade portano in piazza

Il centro storico di Pienza

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Il progetto arioso e concentrato del centro storico di Pienza è diventato il modello per altre città italiane. Da ogni direzione, le strade conducono alla Piazza Comunale, la piazza principale dell’ideale umanistico di città. Ogni angolo, ogni luogo della piazza svela nuove ed attraenti prospettive sui quattro edifici principali, perfettamente integrati negli scenari quasi magici della Val d’Orcia. La fontana in travertino con lo stemma della famiglia Piccolomini, essa stessa modello per diverse fontane toscane, sottolinea la voluta asimmetria della piazza e aggiunge una dimensione del tutto particolare al suo aspetto e alla sua atmosfera unica.

Santa Maria Assunta

Quattro perfette costruzioni circondano la Piazza Comunale, e la Cattedrale di Pienza sicuramente è il prototipo architettonico più importante. Santa Maria Assunta, per dare alla concattedrale il suo nome intero, è stata costruita dal 1459 al 1462 come una chiesa a tre navate. Anche se la facciata è chiaramente un progetto rinascimentale, gran parte della cattedrale è stata fortemente influenzata dallo stile gotico d’oltralpe, probabilmente dovuto alle visite papali ai paesi di lingua tedesca. Gran parte della facciata è indirizzata verso l’ordine tuscanico e verso l’architettura rustica, come ad esempio gli ingressi con i loro sovrastanti archi laterali, le quattro colossali colonne e le nicchie ad edicola. I paragoni con Santa Maria Novella a Firenze e con il Tempio Malatestiano di Rimini di Leon Battista Alberti sono piuttosto evidenti poiché Rosselino è stato fortemente influenzato dal suo maestro.

Tutti gli ingredienti essenziali del Rinascimento ti attendono all’interno della cattedrale, scontrandosi in maniera piuttosto affascinante con gli elementi gotici. I singolari capitelli sui pilastri a fascio, le imposte delle volte a crociera e il posizionamento leggermente disallineato delle cappelle laterali del coro secondario parlano chiaro. Aggiungi all’insieme, l’organo elettrico moderno e i classici dipinti gotici degli artisti senesi e avrai un edificio religioso monumentale ed insolito che ti stupirà.

Le altre attrazioni del Patrimonio Mondiale a Pienza

Va da sé che l’enorme ed imponente cattedrale è ampiamente considerata l’attrazione di punta del tuo tour a Pienza, ma non è certo l’unico elemento nella Piazza Comunale. Altri tre edifici fiancheggiano il centro della città dall’urbanistica perfetta, e non dovresti perderli:

  • Il Palazzo Pubblico: Corsignano aveva bisogno del suo palazzo comunale quando divenne una città per poter mantenere il suo status. Infatti, il palazzo era più per ornamento che altro. Gli studiosi credono che Rossellino volesse che questo edificio indipendente diventasse una sorta di mediatore tra la zona religiosa della cattedrale e la piazza del mercato. Inoltre, ha intenzionalmente mantenuto il campanile del palazzo comunale più basso di quello della cattedrale per mantenere le condizioni iniziali.
  • Palazzo Piccolomini: Leon Battista Alberti non ha soltanto ispirato la cattedrale di Rossellino. Palazzo Piccolomini è chiaramente influenzato da quello del suo maestro, Palazzo Ruccellai a Firenze. Puoi notare alcune caratteristiche diffuse che vanno dalla struttura rettangolare alla sapiente disposizione degli stemmi nobiliari e papali accanto alle finestre fino alla sua facciata a bugnato. Tuttavia, la piccola corte rettangolare con le arcate e il giardino mostra l’aspetto rinascimentale. Dalla loggia retrostante il palazzo, rivolta a sud, goditi la splendida vista sulla Val d’Orcia e sull’amato Monte Amiata di Papa Pio.
  • Il Palazzo Vescovile: gli ampi progetti papali prevedevano ulteriori palazzi costruiti da diversi cardinali. Come già sai, questi progetti restarono tali a causa della morte del papa lasciando, se vogliamo, come unico ricordo il Palazzo Vescovile. Sovvenzionato dal Cardinale Rodrigo Borgia, il futuro Papa Alessandro VI, è stato pensato per ospitare i vescovi che visitavano Pio II a Pienza. Attualmente ospita il Museo Diocesano e il Museo della Cattedrale. Puoi ammirare manufatti religiosi, dipinti e manufatti tessili locali dal XII al XV secolo.

 

È difficile immaginare come potesse essere il centro storico di Pienza poiché la Piazza Comunale con i suoi quattro imponenti edifici è ormai un’attrazione da non perdere. La vistosa cattedrale con il suo insieme di stili di dimensioni monumentali oltre ai tre palazzi estremamente diversi, ma armoniosamente integrati sottolineano l’ideale umanistico dell’urbanistica rinascimentale in modo complesso e sfaccettato. Non perdere Pienza con la vicina Val d’Orcia e sperimenta subito due Siti in uno del Patrimonio Mondiale UNESCO!

I fossili di Monte San Giorgio

Un breve viaggio ad un’altitudine di 1097 m al confine tra l’Italia e la Svizzera fa scoprire panorami straordinari. Monte San Giorgio sulle Prealpi Luganesi nel Canton Ticino, incastonato tra le due sponde meridionali dello splendido Lago di Lugano, è una famosa destinazione escursionistica e una meta per una gita giornaliera, un autentico gioiello naturale in un vasto territorio che si estende fino alla Provincia di Varese. Tuttavia, nascosti sotto la fitta superficie boscosa, ci sono molte grotte con sorprendenti tesori primordiali. Esse nascondono fossili marini che hanno più di 200 milioni di anni. Nel 2003, la parte svizzera è stata dichiarata Sito del Patrimonio Mondiale, successivamente seguita dalla parte italiana con l’intera area dei fossili e degli scavi e la meravigliosa zona circostante.

Il bacino marino nella roccia

Monte San Giorgio, UNESCO

©Bigstock.com/Fotoember

In che modo queste creature primordiali fossilizzate sono finite nelle grotte? Gli scienziati credono che la roccia di Monte San Giorgio, tra 245 e 230 milioni di anni fa, formasse un grande bacino marino profondo circa 100 metri nel mezzo di una laguna prima che la montagna vera e propria emergesse. Essendo allora una regione subtropicale con acqua a basso contenuto di ossigeno sul fondo, molti vertebrati avrebbero potuto prosperare senza preoccuparsi dei loro naturali nemici, gli spazzini. Così, i fossili recuperati spesso contengono scheletri perfettamente conservati rendendoli indispensabili per la ricerca. I pesci, i rettili e gli invertebrati, così come gli insetti, sono stati scoperti all’interno di cinque strati archeologici unici al mondo. Tra questi resti ci sono centinaia di scheletri di mixosauri, una tipologia di ittiosauri (conosciuti anche come “pesci pinna”) risalenti alla metà del Triassico. Ad oggi, oltre 20.000 fossili sono stati estratti dagli strati archeologici di Monte San Giorgio.

I fossili più importanti

Abbiamo già brevemente citato uno dei reperti più sorprendenti. Qui c’è una precisa panoramica per darti un’idea delle attrazioni scoperte nel corso degli anni:

  • I rettili: circa 25 specie diverse sono state trovate a Monte San Giorgio. Accanto al già citato mixosauro, questo gruppo comprende anche gli Avevano denti affilati ed arti a forma di paletta. Tuttavia, il protosauro aveva uno straordinario collo lungo, simile ad una giraffa.
  • Gli insetti: Tintorina, il “moscerino” di Monte San Giorgio, è probabilmente la più antica specie di insetti nella regione che si era altamente differenziata nel suo sviluppo. Fa parte del gruppo degli efemerotteri. Gli attuali studi sono principalmente dedicati a straordinari reperti di insetti e libellule.
  • I pesci: oltre ai resti di rettili che erano in fase di trasformazione per diventare simili a pesci, sono state scoperte anche circa 50 diverse specie di pesci. I pesci cartilaginei, come gli squali, non sono risultati perfettamente conservati durante la fossilizzazione. Di solito, sopravvivevano solo i denti e la struttura delle pinne. Tuttavia, i sarcopterigi ricordano agli studiosi la latimeria, un fossile vivente che si trova nell’Oceano Indiano.
  • I conodonti: queste creature restano misteriose. Essi erano simili ai pesci vertebrati, lunghi dai cinque ai dieci centimetri, e probabilmente assomigliavano alle odierne lamprede. Inoltre, Monte San Giorgio ha portato alla luce affascinanti gruppi di reperti e numerosi resti e fossili di conchiglie, lumache e cefalopodi.

 

Il Museo dei Fossili a Meride

Suona bene, ma probabilmente ti starai chiedendo a che cosa serve questa panoramica fossile. Beh, potrai dare un’occhiata a una vasta collezione di reperti provenienti da Monte San Giorgio in diversi musei sparsi in tutta la zona. Un breve viaggio in Svizzera ti ripagherà così come il museo dei fossili a Meride, a soli 4 chilometri dal confine italiano, e ti offrirà spunti affascinanti. Aperto il 13 ottobre 2012, mostra piante fossili e animali provenienti dal Sito del Patrimonio Mondiale UNESCO distribuite su quattro piani. Tra le attrazioni c’è la ricostruzione di un ticinosuco. Questo dinosauro terrestre lungo 2,5 m viveva ai margini del bacino marino. Ti suggeriamo di unirti ad una visita guidata del museo per scoprire tutti quanti i tesori e le vicende che li accompagnano. Per i visitatori più giovani sono organizzati particolari tour per bambini.

Tutte le attrazioni e le attività nella zona

Il museo dei fossili di Meride è certamente un’istituzione da visitare, ma di gran lunga, non la sola attrazione a Monte San Giorgio e dintorni. Oltre alle innumerevoli escursioni e passeggiate, non dovresti perdere questi posti:

  • Il museo dei fossili di Besano: la parte italiana dell’area di Monte San Giorgio ha anch’essa un museo paleontologico. Esso ospita uno scheletro di mixosauro, lungo quasi sei metri, con quattro embrioni nell’addome e un enorme saltriovenator.
  • La Val Mara: il punto di osservazione al centro della zona di confine fornisce informazioni sui depositi fossili del mare del Triassico. Tavole illustrate, calchi, binocoli e modelli fossili insieme alle ricostruzioni dei dintorni durante il Medio Triassico ti aspettano proprio sopra la gola del torrente Gaggiolo.
  • Il sentiero geo-paleontologico: un lungo sentiero per escursionisti e camminatori esperti corre tra Italia e Svizzera. Attraversa il cuore della regione e fornisce un’introduzione ravvicinata ai vari aspetti geologici e paleontologici. Anche gli scavi del Patrimonio Mondiale UNESCO fanno parte dell’itinerario.
  • Il museo di storia naturale di Clivio: noto anche come centro visite della zona di Monte San Giorgio questo museo prende in considerazione vari aspetti naturali e faunistici della regione. Non sarai sorpreso di sentire che i fossili della famosa montagna – 4.000 reperti, per essere precisi – costituiscono una parte importante della mostra permanente. Potrai ammirare sei enormi scheletri di lariosauro. Il museo di storia naturale copre diversi aspetti mineralogici, zoologici e botanici e presenta un grande parco con un sentiero stratigrafico dedicato alle rocce della regione.
  • La Linea Cadorna: la linea di difesa Cadorna è stata realizzata ai confini della neutrale Svizzera durante la Prima Guerra Mondiale. Prende il nome del Generale Luigi Cadorna ed ha scoraggiato con successo gli attacchi alla Lombardia: la Linea Cadorna rimase inutilizzata. Ora puoi scoprire le fortificazioni restaurate con le loro grotte parte di sei postazioni circolari e conoscere meglio la loro storia e la varietà naturale della regione.

 

Monte San Giorgio è un’area di un valore incalcolabile – non solo per scienziati e ricercatori, ma anche per appassionati della natura e delle scoperte. Ti imbatterai in testimonianze fossili sparse ovunque, godrai di affascinanti approfondimenti nell’evoluzione di insetti, rettili e pesci e sicuramente resterai incantato da scenari meravigliosi e bellissimi panorami. È tempo del tuo viaggio verso il confine italo-svizzero!